Categorie
Kung Fu Pillole di Benessere

Il Cuore del Kung Fu

“C’era una volta, in un villaggio circondato dalle montagne, un piccolo tempio in legno dove si insegnava l’arte del Kung Fu. Ogni mattina, prima che il sole sorgesse, il Maestro spazzava il cortile. Le sue mani, dure come la corteccia di un vecchio albero, stringevano con fermezza il manico della scopa. Il gesto era sempre lo stesso, lento, attento, come se anche quello facesse parte dell’allenamento.

Gli allievi arrivavano a piccoli gruppi, salutavano con un inchino e si mettevano in fila. Alcuni rimanevano per anni. Altri, dopo qualche stagione, sparivano. E ogni volta, il Maestro continuava a spazzare, ad attendere, a insegnare. Sempre nello stesso punto. Sempre con la stessa pazienza.”

Il cammino dell’allievo

Nel Kung Fu, ogni allievo è un seme. Alcuni germogliano subito, altri restano dormienti per molto tempo. Alcuni crescono forti e rigogliosi, altri si spezzano alla prima tempesta. Il cammino dell’allievo non è fatto solo di colpi ben eseguiti, ma di silenzi, di ascolto, di disciplina. E soprattutto, di rispetto.

Un allievo non smette mai di essere allievo. Anche quando impara a guidare altri, anche quando le sue tecniche sono raffinate, anche quando crede di aver “capito”. Chi si ferma alla superficie dell’allenamento, potrà forse imitare un gesto, ma non comprenderne il significato.

Perché il vero Kung Fu non si impara con i muscoli. Si impara con il cuore.

Il peso dell’insegnare

Essere Maestro significa donare. Tempo, energie, pensieri, spazio. Significa vedere negli altri un potenziale che forse loro stessi non vedono. Significa accettare di camminare insieme per un tratto, consapevoli che non tutti i sentieri arriveranno alla stessa meta.

Ci sono allievi che, un giorno, scelgono di andare via. Lo fanno in punta di piedi, con rispetto e gratitudine. Altri invece voltano le spalle in silenzio, cancellando le orme del cammino condiviso.

Quando questo accade, il cuore del Maestro si stringe. Non per orgoglio, ma per dispiacere. Perché ogni addio privo di rispetto è una ferita. Non tanto per ciò che si perde, ma per ciò che si nega: un ultimo saluto, uno sguardo, la possibilità di chiudere un cerchio.

Umiltà e pazienza: le vere arti marziali

Il Kung Fu insegna a cadere e a rialzarsi. A non rispondere al colpo con rabbia, ma con presenza. A guardare dentro, prima di guardare fuori. Ma questo tipo di insegnamento non si riceve con l’allenamento fisico. È un processo lento, che richiede umiltà. E l’umiltà, spesso, è la conquista più difficile.

La pazienza del Maestro non è rassegnazione. È fedeltà. È presenza costante. È il restare saldo, anche quando attorno tutto cambia. È l’atto silenzioso del continuare a spazzare il cortile, ogni mattina, anche quando alcuni allievi non tornano più.

La porta è sempre aperta

Il Maestro non trattiene. Non giudica. Non rincorre.

Il Maestro resta. Sulla soglia. Con le mani dietro la schiena e lo sguardo lontano.

Resta per chi vorrà tornare. Resta per chi ha ancora domande. Resta per chi, un giorno, comprenderà il valore del tempo condiviso.

Perché il Kung Fu non è una palestra. È una scuola di vita.

E chiunque abbia incrociato davvero la strada di un Maestro, porta dentro di sé un seme che potrà fiorire anche anni dopo. In un altro luogo. In un altro tempo.

Ma se mai dovesse tornare… il Maestro sarà lì. Sempre lì. A spazzare il cortile. Con la stessa pazienza. Con la stessa umiltà. Con lo stesso amore.

Condividi questo post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *